Progressive e utopia. Altri luoghi e non luoghi sono un tema frequente nel linguaggio prog, tra Gong, Magma, Trip e Rush, isole di niente e orizzonti darwiniani. “Blemmebeya” però supera la logica utopica e con spirito orwelliano mette in musica un’ipotesi vicina, prossima, se non attuale. L’informazione decapita l’essere umano, pensiero e volontà coincidono con la pancia, pochi eletti – sensibili e capaci di guardare verso l’alto – affrontano e comprendono il mutamento.

E’ questo il tema forte del nuovo disco degli Akt, per la precisione il secondo della formazione bolognese. Già con il debutto del 2007 “Dentrokirtos”, la band aveva mostrato una piacevole propensione per l’utilizzo dei moduli classici prog senza soffermarsi sul feticismo vintage: anche “Blemmebeya” si colloca in tale direzione, partendo da un approccio caro al Banco, ai King Crimson, agli Echolyn ma vivacizzandolo grazie allo sviluppo narrativo del concept, agli exploit virati in rock-jazz (“TG Egeo”, l’intensa “Mani aperte”) e a spiazzanti agganci ai CSI (come accadeva ai Mary Newsletter: “Di vento”).

Il plot condiziona la struttura dell’album (ad es. dall’immancabile overture di “Prima della fine”) ma gli Akt hanno qualcosa in più: la voglia di sorprendere usando una serie di tecniche intriganti – dall’acustico all’elettronica – come dimostrano “L’assalto”, brano chiave dell’opera e ottimo esempio di new prog convincente e sensato, e “Stati d’animo Uniti”. Purtroppo, come spesso capita, all’elemento vocale non è data la giusta valorizzazione, come se fosse una componente trascurabile rispetto al lavoro strumentale: pezzi come “Favonio” – cruciale nel suo sapore melodico alla PFM – risultano mortificati.

Nonostante alcuni nei, “Blemmebeya” è un concept stimolante come l’ispirazione degli Akt, che si confermano una bella promessa del nostro prog.

http://www.abstrakt.it

D.Z.