La storia degli Yes è costellata di scossoni, cambiamenti, mutazioni. Una vicenda imprevedibile e sfaccettata a partire proprio dalla sua genesi: ancora oggi, mentre dietro la sigla storica si avvicendano nuovi musicisti (è recente l’uscita del vocalist Benoit David), al di fuori ci sono collaborazioni parallele come la joint-venture Jon Anderson-Rick Wakeman. I due pezzi grossi della line-up più celebre, quella del 1971-73, si sono incontrati e rimessi in gioco nel 2006 con un tour e nel 2010 con il disco “The Living Tree”.

Un album piacevole e suggestivo, per niente foriero di eclatanti novità anzi in linea con quella coppia ben più importante che anni fa Jon creò con Vangelis. Se il progetto con il musicista greco veleggiava verso un’elettronica morbida e sensimentale, prossima alla new age, il ritorno di fiamma con il vecchio collega punta a rivangare il patrimonio degli Yes senza escludere nuovi pezzi, purtroppo sconfitti accanto a capolavori del passato. A testimonianza del ritrovato feeling anche dal vivo, i due pubblicano la prima parte di un progetto live dal titolo “The Living Tree In concert”.

Inutile dire che la parte del leone è proprio quella dei grandi classici: “And you and I”, “South side of the sky” e una spiazzante “Time and a word” in levare, messe a nudo e riconsegnate alla forma ballad – con il protagonismo del sempre magico Anderson, nonostante gli acciacchi – funzionano a dovere. Della stessa materia anche pezzi del duo come “Morning star” e “House of freedom”, sicuramente meno incisivi rispetto a quelli di quarant’anni prima ma convincenti nell’economia del progetto.

Un limpido live-album che fotografa in pieno lo spirito intimista e raccolto dell’operazione.

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D.z.