Ho scoperto i FEM (Forza Elettro Motrice: un nome, una garanzia…) con il loro EP “Epsilon”: un esordio che, nonostante alcune ingenuità, aveva mostrato un grosso potenziale, destinato solo a migliorare. Il nuovo album “Sulla bolla di sapone” conferma questa sensazione e ribadisce il talento di una giovane band, una di quelle che hanno dalla loro il famoso “qualcosa da dire”. Per dirlo fanno affidamento a un concept: modulo rischioso come sempre, affrontato con discrezione ispirandosi a “Auf den Seifenblase”, ovvero “Sulla bolla di sapone” (1887), un racconto di Kurd Lasswitz, icona tedesca della Science-Fiction.

Il quintetto lombardo si mostra subito affiatato e risoluto, merito anche della scelta di fondo: evitare brani di lunga durata, impostando il disco come una grande suite articolata in quindici pezzi brevi, valorizzando così l’impeto e la grinta mostrati in “Epsilon”. Avvicinandosi al piglio deciso di colleghi come Filoritmia, Syndone e Not A Good Sign, i FEM non disperdono uno slancio che diventa fiore all’occhiello, anche nei momenti più impersonali (es. lo scatto metalloso di “Incontro con i saponiani” o il tuffo fusion di “Reviviscenza”).

“Il giardino delle consuetudini” è un’opener per la quale si farebbero carte false, una sorta di overture che presenta le doti esecutive dei cinque; al di là delle qualità tecniche, il disco ha anche dei ganci melodici marcati (“Il peso della conoscenza”) e più in generale dei momenti di particolare ispirazione strumentale (la sequenza “Nella città”/”Il signore dei pensanti”/”Processo alla verità” è assai pregevole). Il resto dell’album rivela una bella scrittura polifonica, una vicinanza ai maestri del prog nostrano (Banco e PFM in prima linea) e una visione d’insieme che manca a buona parte dei colleghi nazionali, come dimostrano la coesione e gli azzeccati spazi solisti di “Microgen”; unico neo la voce di Massimo Sabbatini, buona ma non così possente come il sound esige.

“Sulla bolla di sapone” è un signor debutto: non è privo di difetti poichè la band, come accade in ogni opera prima, tende ad aggiungere più che a sottrarre, ma il risultato resta molto convincente.

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D.Z.