Quando ascolti i Greenwall sai che sei sempre di fronte a un gruppo che ha qualcosa da dire. Qualcosa di importante. Per questo motivo, i primi ascolti del nuovo album li ho lasciati vagare lì, liberi e senza guinzaglio, in quella terra di nessuno dove c’è solo musica: niente copertina, niente liner notes, niente comunicati stampa, insomma nessuna indicazione che potesse fare chiarezza. La sensazione immediata, divenuta poi persistente, è che “Zappa Zippa Zuppa Zeppa!” sia un disco di contrasti e risoluzioni, di transizione e approdo, di disordine e ricomposizione.

Una volta tornato all’ascolto attento e comprensivo di tutte le indicazioni, scopro che i brani – invero anomali anche per chi conosce la storia di questa eclettica new prog band – sono nati in un lungo e complesso periodo personale di Andrea Pavoni, il quale ha investito nella composizione per esorcizzare qualcosa di doloroso, puntando su una scrittura tutta da decrittare, che ha nella congiunzione tra colto e popular una possibile chiave di lettura. Lo Zappa del titolo può sviare visto che mancano agganci espliciti al Maestro, e quella curiosa “Superpezzi” a cappella, che stratifica cellule vocali alla maniera dei Gentle Giant (e ti si piazza nella testa per bene…), può essere un ulteriore elemento di depistaggio. Soprattutto perchè posta in apertura e seguita da brani assai diversi, dal delicato strumentale alla Penguin Cafè di “Scene di vita familiare con la piccola Jo” a “Non c’è mai tempo per niente”.

La caratteristica che colpisce maggiormente è una vena ironica sottile, che talvolta affiora diventando una vera e propria guida: senza entrare nel demenziale alla Elio e conservando quel velo di garbo alla Caravan, i Greenwall di “Con precisione eterna e divina”, “Due finestre una collina” e “Ma le mele no”, rifacimento di “I hung my head” di Sting (con un Dio lùmbard nel finale da sbragarsi dalle risate) colgono nel segno, con un intimismo mai svenevole. Pop colto, aulico ma non tronfio (con qualche aggancio a Battiato), che ha come contraltare un lotto di pezzi nei quali è più decisa la mano progressive/jazz, da “La culla” a “L’avventura del soldatino bianco”, passando per l’episodio più articolato e ricercato di “Prelievo”.

Completa il tutto il contributo grafico di Serena Riglietti, che assegna ad ogni brano una vignetta surreale e fiabesca: un trait d’union tra canzoni di provenienza diversa, che così unifica un’opera altrimenti eterogenea. Un’opera con la quale i Greenwall provano a smarcarsi, sia dall’ambiente di provenienza, sia dalle precedenti uscite, ancora vicine a un’idea di new prog, sebbene eccentrica. In aggiunta un DVD con materiale vario, che rende ancora più preziosa l’operazione. Un buon nuovo inizio.

www.greenwall.it

D.Z.