“Orgil” in indonesiano significa “pazzo”, lo capovolgi e viene fuori Ligro, il nome di questo travolgente hard-fusion trio di Giacarta che finalmente debutta con Moonjune, attualmente l’etichetta leader nel campo del rock-jazz orientale. Nel retro dell’album le dita dei tre musicisti si impegnano in un simbolo tanto caro alle femministe, all’interno la radiografia di un bacino conferma che si tratta proprio di quella cosa lì, poi scopri che “Stravinsky” è un tempestoso rifacimento di “5 easy pieces” per piano, allora capisci che i Ligro sono davvero folli al contrario…

Tre musicisti eccellenti – la mente, il chitarrista Agam Hamzah, il bassista Adi Darmawan e il popolare batterista Gusti Hendi – per un secondo album focoso, ampio nelle influenze e policromatico negli ambienti sonori e nelle sfaccettature, con un’idea di jazz-rock tipicamente Moonjune al centro. “Dictionary 2” arriva a nove anni dalla nascita dei Ligro e a quattro dal primo album, probabilmente proprio per questo è un’opera matura e convincente. L’assalto d’apertura di “Paradox” – ma anche “Don Juan” e “Transparansi” – mette in chiaro le intenzioni dei tre: confezionando una heavy-fusion pungente e corrosiva influenzata dalle tre H (Holdsworth, Henderson, l’ultimo Hendrix), i Ligro congiungono forza e sofisticazione, energia e seduzione.

Se “Future” scivola nel blues, “Bliker 3” muta aspetto in corso d’opera e rilancia un’idea progressiva di jazz-rock, mentre con “Miles away” l’atmosfera si fa più meditativa e introversa. Un valido album di rock-jazz contemporaneo, incisivo ma con l’unico neo dell’impersonalità.

http://www.ligrotrio.com

 

D.Z.