Tra i tanti meriti storici della Lizard, c’è stato l’aver seguito, curato e spinto numerose formazioni della Riviera del Brenta: pensiamo al nugolo di gruppi come Spirosfera, Nema Niko, Lingam, Estasia e molti altri. I Lìtai vengono proprio da questo milieu e nel loro disco d’esordio cercano di recuperare il contesto eclettico ed effervescente di quel periodo.

Dopo aver vinto l’Omaggio a Demetrio Stratos il quartetto guidato da Michele Zavan arriva al primo album carico di idee: tra jazz-rock e progressive, tra post-rock e declamazioni, il quartetto ha molto da dire e lo fa utilizzando lo studio come luogo creativo. “Lìtai” guarda al Brenta, a Canterbury e a Louisville, con un piglio tra il severo e il folleggiante, il sereno e il tempestoso, anche all’interno dello stesso pezzo (ad es. “Babinia” e “Oltraggio”).

Marcette e drastici cambiamenti di tempo, raptus zappiani e frippiani tra momenti di sprechgesang allucinati, non si pensi però a un lavoro ostico ed elitario: l’organizzazione scorrevole di temi e direzioni, il bel rapporto tra sax e chitarre (vedi “Bagnasco”), tutto concorre a fare di “Lìtai” un lavoro visionario e denso.

Una gran bella scoperta i Lìtai, benchè il loro debutto non sia esente da difetti: a fronte di un rock-jazz concepito e suonato con bravura, sono proprio gli spazi parlati a essere meno interessanti, a meno che – vedi “Cantico” e “Olio su tela” – non siano ben integrati nel tessuto musicale.

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D.Z.