Non è ammissibile una valutazione storica del new prog italiano che non prenda in considerazione la storia dei Prowlers. La formazione bergamasca, all’indomani della cui vicenda Alfio Costa darà vita ai Tilion, si è distaccata fin dalle origini dall’impostazione imperante del nuovo progressivo tricolore: al revival genesisiano, i Prowlers hanno risposto con un approccio ruvido, quasi “ruspante”, che teneva conto sia della grande tradizione rock nostrana, sia del contributo hard & heavy proveniente dall’Inghilterra, senza sconfinare nel prog metal così influente all’epoca.

Dal 1996, anno d’esordio con il doppio album “Mother & fairy”, passando per “Sweet metamorfosi” (1998) e un lungo decennale silenzio, sono accadute tante cose: nel 2011 i Prowlers si sono riuniti con “Sogni in una goccia di cristallo”, hanno sfornato un bel live lo scorso anno e danno seguito a questa rinnovata esperienza con il loro quarto lp in studio. “Mondi nuovi” dà subito la sensazione di una “antologia di inediti”: riassume le componenti tipiche del Prowlers-sound ma al tempo stesso ha tutte le carte in regola per essere un disco di ripartenza. Non è un caso che sia stato presentato come un lavoro di “melodie, canzoni e sensazioni”, ed è proprio tale allusione – neanche tanto velata – a un’esigenza di immediatezza e sincerità la chiave di volta dell’intera operazione.

La title-track apre il disco con atmosfera e piglio rock, dando subito la stura a una tracklist che conserva intatte il graffio e la densità di suoni del passato (vedi “Viva ancora”) ma al tempo stesso lavora in sottrazione e alleggerimento. “Disordinaria” è il brano più lungo – e con evidenti addentellati progressive – ma anche gli altri, rievocando la gestione dei tempi di “Ulisse” della PFM (tanto per fare un nome), spaziano in larghe aree in cui entrano in gioco spunti più liberi: ad es. il temperamento acustico di “La danza di madre natura” si apre al trionfo rock alla Procol Harum, “Giovane falco” invece riprende da vicino certe tentazioni prog.

Protagonista la voce di Laura Mombrini, diretta ma anche suadente, che funge da fil rouge tra le tinte e le dinamiche che muovono il disco, convincente anche nel blues sognante di “Guardando dentro te” e nella zampata purpleiana di “Ultima notte”. Una certa prolissità talvolta rallenta il decollo di alcuni pezzi, tuttavia “Mondi nuovi” è un album portato a compimento laddove amalgama diversi elementi e rende coese varie fonti di ispirazione. Un nuovo inizio, consigliato anche a chi non ha mai ascoltato i Prowlers.

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D.Z.