‘N’coppa ‘e Surte, Montefusco, h. 19.36. Retro-Jogging-Mania, ovvero: Del Panegirico della Sgambata.

Sono tornato ad una vecchia, vecchissima abitudine. In verità non avevo mai abbandonato del tutto la corsetta mattutina, ma negli ultimi anni si era rarefatta fino a diventare sempre più sporadica, e la cosa proprio non mi andava giù. Allora complice un nuovo regime dietetico e interiore, ho deciso di ricominciare. E sono ripartito come ai vecchi tempi, come quel decennio 1995-2005 in cui la mattina correvo come una lepre, anzi quando avevo la cuffietta nelle orecchie e la musica giusta, tipo Blues Variation degli ELP, zompettavo gaio e lesto come un cerbiatto sulle rocce. Ho ricominciato la mattina presto, come sempre, come piace a me: sveglia alle 6, piccolo rituale del riscaldamento dopo la consueta maledizione per aver dormito poco e benedizione bagnandomi di sole già cocente, vestizione del giovin podista e fuga.

Solo stasera, eccezionalmente, ho corso ad un altro orario e altrove. Se la mattina mi lascio alle spalle i San Giorgio City Limits per inoltrarmi nella campagna di Calvi, oggi pomeriggio mi sono regalato un ritorno alle origini, inerpicandomi ‘N’coppa ‘e Surte, nella verdeggiante selva boschiva su a Montefusco. Sosta parcheggio alla piazzola con la madonnina delle alture, e poi sgambata in agilità su per le curve: poca gente, aria frizzante, tornanti che mettono a dura prova le pedagne e soprattutto profumi di erba, alberi, fiori e mucche (con tanto di campanelli in lontananza).

A proposito di odori, in questo ritorno alla mobilità mattutina, il naso dello Zoppo – che respirando a fondo ha rispalancato tutte le porte della percezione olfattiva – è stato tramortito da una serie di aromi che metterebbero a dura prova anche il più stoico e indifferente dei podisti:
1: la nuvola di caffè. L’aroma più temibile, quello più sensuale. Con una precisazione: mentre degli altri odori ti puoi inebriare, quando senti quello del caffè ti incazzi, perchè mentre stai correndo sudato e appiccicoso, lassù si stanno godendo la prima botta di energia erotica della giornata.
2: le siepi di gelsomini. Fragranza avvolgente, meravigliosa, capace di farti dimenticare la milza che schiatta e i tendini che chiedono una sosta.
3: l’indistinto e malefico bouquet da panificio. Un mix che stordirebbe anche Buddha nel pieno dell’atarassia sotto l’albero di fico: un insieme di cornetti con marmellata, pagnotte belle gonfie e panini all’olio. Tutto nel momento in cui i carboidrati sono i tuoi nemici dichiarati (dalla dieta, perchè nella mia storia personale ho stretto sin da bambino la Santa Alleanza con la Panificazione). Che poi perchè passo sempre davanti alla panetteria è una domanda che dovrei cominciare a farmi.
4: dulcis in fundo, ma è stato un odore occasionale di un paio di mattine fa, proprio quando sono uscito prestissimo: pane con frittata. Credo sia stata la punizione degli Dei dell’Agonismo, inviatami per aver osato correre con troppa indolenza: un effluvio giunto dalla finestra al primo piano della casa di un fravecatore che presumo si stava preparando la sua sana, corroborante e benedetta merenda di metà mattinata.

Sul perchè amo correre bisognerebbe aprire un lunghissimo capitolo e vi rimando a un diario venturo. Per ora posso dire che una cosa bella della sgambata è che ti rimette in ordine i pensieri, ma quando gli Dei del Polpaccio lo decidono, i pensieri possono anche frantumarsi nel disordine più totale. Ebbene ieri nella combinazione ritmica che ogni corridore trova nel momento di massima ispirazione su strada mi è venuta in mente nota per nota la Black Satin di Miles nella versione future-jazz di Bill Laswell, dal Sacro Disco Panthalassa. Già questo è un motivo valido per correre.
Poi mi piace interpretare a mio modo lo spirito della kinhin, la ‘walking meditation’: la mente si fa un attimo da parte e con l’aumento della velocità esplode un torrente irrefrenabile e travolgente di bestemmioni, rabbie represse, parolacce, minacce al genere umano e imprecazioni contro gli Dei del Podismo. Che però con me non si incazzano mai, perchè quando corro dimentico sempre le catene tra terra e cielo, e sento di andare verso l’alto.