Ci sono diversi punti di vista per raccontare i Rolling Stones. Quello “istituzionale” di Charlie Watts, quello annebbiato di Ronnie Wood, quello a chiappe strette, sculettante, glitterato e da jet-set di Mick Jagger. Il resto è questione di rughe. La lunga storia dei Rolling Stones è tutta dentro quelle che solcano il volto di Keith Richards. Basta osservare la celebre foto scattata da Anton Corbijn: Victor Bockris non ha fatto altro che scrutare quella mappa di pelle, osservando con discreta partecipazione abissi e glorie di uno dei simboli intoccabili della cultura rock.

Keith Richards, pubblicato originariamente nel 1992, arricchito da successive ristampe e oggi tradotto in italiano dalla Odoya, è un classico della letteratura rock. Bockris, biografo di indiscusso talento, ha avuto l'abilità di ricostruire la vicenda di Richards coniugando l'aneddotica e il dettaglio musicale: se è vero che il chitarrista è anima e cuore degli Stones, la sua vita e il suo percorso sono indissolubilmente legati alla vicenda della band.

Droghe, vizi e dipendenze, il grande amore per la buona vecchia musica e il gusto per le scoperte (dal reggae al padre Bert), l'eterna relazione di amore-odio con Jagger, la simbiosi con la chitarra, la nascita in periferia e l'ascesa allo star system. Bockris scandaglia tutto ciò avvalendosi di testimonianze di colleghi, amici e confidenti, sottolineando in modo particolare il rapporto con Mick, con gli stupefacenti e le donne: il fil-rouge resta costante, ovvero il carattere sincero, schietto e spesso brutale del protagonista. Un viaggio illuminante, ruga per ruga.

D.Z.

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