Ricordate i Wally? Si tratta di una rock band inglese tra quelle “più minori” del decennio d’oro, che ebbe però un barlume di notorietà a metà anni ’70. La sponsorizzazione di Bob Harris, il barbuto dj dell’Old Grey Whistle Test, l’arrivo in Atlantic e la produzione di Rick Wakeman, l’apertura per qualche concerto degli Yes grazie all’entrata nelle grazie di Brian Lane, due dischi tra 1974 e 1975: questo il lascito di una band purtroppo dimenticata ma tornata in azione di recente.

Il fondatore Roy Webber ha da poco pubblicato un disco pop-rock con Will Jackson ma ha anche rimesso in piedi i Wally con una formazione non molto lontana da quella del 74/75: Paul Middleton (basso e slide), Roger Narraway (batteria), Nick Glennie-Smith (tastiere) e Pete Sage (violino). “Montpellier” è in continuità con i precedenti ma amplifica l’elemento melodico: alla fusione tra rock sinfonico e country americaneggiante dei primi due dischi, i Wally rispondono puntando molto alla comunicazione diretta, come testimoniano “Sailor” e “Human”.

Lunghi brani che non entrano mai nel territorio suite autorefrenziale, un bel sound rock non lontano da quello potente degli ultimi Trettioariga Kriget oppure – per citare il massimo referente nella storia del gruppo – degli Yes di “Talk”. Certo siamo al di fuori di una scrittura progressive e proprio per questo la band perde in personalità e specificità, orientandosi a un rock radiofonico di ampio respiro strumentale – talvolta floydiano – ma poco incisivo, fatta eccezione per le trascinanti “In the night” e “Thrill is gone” oppure “Surfing”, dalle influenze reggae e folk.

“Montpellier” non è un disco indispensabile e non farà clamore, non conquisterà il pubblico pop e probabilmente non susciterà riscoperte da parte dei prog fans, ma i completisti e gli amanti di rock senza fronzoli apprezzeranno il tentativo.

http://www.wallymusic.co.uk

D.z.