Bill Laswell è uno dei titolari delle più copiose discografie esistenti: come musicista e produttore, in proprio, sotto mentite spoglie o in gruppo, ha all’attivo una miriade di album. Eppure nulla con Cuneiform. L’operazione che più lo avvicina all’ambito dell’etichetta di Steve Fegenbaum è il celebre remix davisiano di “Panthalassa”, che lo accomunò al progetto “Electrifying Miles” della UMO Jazz Orchestra. In questo organico militava anche il chitarrista finlandese – naturalizzato americano – Raoul Björkenheim, altro integerrimo esponente dell’avant-jazz contemporaneo, noto in casa Cuneiform per il suo esordio solista “Apocalypso”.

Inevitabile un incontro tra i due, che comincia a svilupparsi nel 1997 e trova nel ricco panorama svedese il “terzo uomo”: è il fenomenale batterista Morgan Ågren. Infatuatisi del drummer della Mats/Morgan Band, Bill e Raoul mettono in piedi un nuovo power trio il cui nome Blixt – fulmine in svedese – simboleggia perfettamente l’urgenza radicale e il vitalismo elettrico del progetto.

A cavallo tra rock-jazz, heavy-prog e un’attitudine punk sana e santa, i Blixt sfoderano un fulmineo instant-album, figlio di un’improvvisazione estrema che però non perde di vista la sostanza, quella “polpa” di suono che spesso manca a chi si cimenta in tali excursus. Merito di un interplay talvolta feroce, di un gioco abile nel palleggio tra riff pachidermici, assoli e feedback, sconfinando anche nel free rock hendrixiano (“Ghost strokes”). Il chitarrista rappresenta l’anima più riconoscibile visto che il debutto del trio si riallaccia direttamente al suo folgorante “Apocalypso”.

“Black whole”, “Storm”, “Tools” e il panzer ululante di “Cinque roulettes” sono schegge impazzite che stupiscono se paragonate al dub evoluto sfoggiato di recente da Mr. Laswell nei Method Of Defiance (qualcosa di simile può essere “Invisible one”). Eppure, in quelle nuvole minacciose di lampi, ispide e isteriche, si coglie una personalità forte e soprattutto il drumming eccezionale del talentuoso svedese.

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D.Z.