“Per non morire in questi tempi duri / per accordarci prima di suonare”. Sono due tra i più significativi versi di “In alto”, il nuovo album di Claudio Rocchi. Per questa sua quindicesima esperienza discografica, arrivata dopo la prova da regista di “Pedra Mendalza” e una succulenta collaborazione psichedelica con gli Effervescent Elephants, il cantautore milanese torna in proprio.

Scrive, suona, arrangia e produce in solitudine. Ma soprattutto guarda lassù, in alto, alla ricerca della propria origine celeste, ritrovata a 773 anni luce dal sistema solare, ovvero Rigel. Una stella importante che fa da bussola ai navigatori e che anche per Claudio rappresenta un prezioso riferimento, proprio come fu anni fa la Cramps. Oggi rinata, la storica etichetta è nuovamente sedes materiae perfetta per la sua musica, indignata ma “aristocratica”, figlia di tante esperienze ma diretta e comunicativa.

“In alto” è un disco di felice ritorno a quella canzone intimista e barricadera al tempo stesso, in quel prezioso equilibrio tra linguaggio sapienziale e quotidianità, esoterismo e popular tanto caro anche a Battiato. Rocchi propone una rock song vibrante e dinamica (pensiamo a “Per gli stendardi”, “La stella da cui vieni”) accanto alle ballate increspate d'elettricità (“Eccoti qui”, “Alchimia”). Quando Claudio recupera l'estasi psichedelica (“Facci un miracolo”) oppure il retaggio elettronico di metà anni '70 (“Deja vu”, “La bellezza”) la sua cifra stilistica resta inconfondibile.

Un disco moderno, aggiornato, coerente.

http://www.claudiorocchi.com

D.z.