Dieci anni fa, venerdì 28 febbraio 2003, apparve sulle colonne di Le Vie della musica (inserto quindicinale del Sannio Quotidiano) il mio secondo articolo di quella freschissima collaborazione. Dopo la lunga intervista di due settimane prima, contribuivo con un editoriale sul festival di Sanremo, che quell’anno si svolgeva proprio alla fine di febbraio.

L’editoriale solitamente è affidato a una firma prestigiosa della testata e riflette l’orientamento della stessa: quel mio intervento fu invece unavera e propria sfida che il direttore Armin Viglione lanciò a me coinvolgendomi in un pezzo di responsabilità, lasciandomi a briglia sciolta conoscendo la mia veemente avversione di allora per le passerelle a suon di pop e dintorni. A leggerlo oggi mi risulta molto ingenuo: premesso che di alcuni concetti resto convinto, oggi abbozzerei, userei toni meno apocalittici, più ironici e sferzanti. E dire che all’epoca Sanremo lo seguivo e forse proprio per questo mi innervosiva profondamente. Oggi invece, a fronte di un impossibile patto di non belligeranza (Sanremo io non ti rompo i coglioni a patto che tu non li rompa a me, ma la seconda ipotesi è un po’ difficile…), lo ignoro e lo accolgo per quello che è: una sorta di sagra paesana da sorbire una volta all’anno, dove passa una delle numerose facce della musica italiana, quella più ruspante, popolare e sempliciotta.

Buona lettura:

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