jazz-rock

Moraine: ‘Groundswell’ (Moonjune)

La storia del rock è costellata di “beautiful losers”. Da Syd Barrett a Jim Croce, da Roky Erickson a Nick Drake, all’ombra delle grandi e longeve band c’è stata una moltitudine di splendidi perdenti, personalità eccezionali andate via troppo perso oppure nascoste agli occhi del grande pubblico. Possiamo assegnare lo

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Poil: ‘Brossaklitt’ (AltrOck)

Sprofondiamo nell’artwork. Questa sorta di grande tela che compone il libretto del cd, un paesaggio mutante tra Grosz, Guarnaccia e Cal Schenkel con donne lascive, peni dappertutto, accoppiamenti bastardi, uomini lupo e Tanit dalle cento mammelle, la dice lunga sul magma sonoro che i Poil scaraventano sull’ascoltatore. Si tratta di

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PropheXy: ‘Improvviso’ (Musea Records)

Non ci avevo mai fatto caso: tutti e cinque i membri dei PropheXy indossano gli occhiali. Fossero stati gli anni ’70/’80, epoca di stereotipi duri a morire, qualcuno avrebbe parlato di gruppo “quattr’occhi”, di band di studentelli, di ensemble palloso di pseudo intellettuali. E sarebbe stato un grosso errore, perchè

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Accordo dei Contrari: ‘ADC’ (AltrOck)

Dalla sua nascita, il progressive è figlio dei gruppi. Delle “unità compositive ed esecutive collettive”, per citare Franco Fabbri, uno che le dinamiche interne e le pratiche musicali dei gruppi le conosce e le studia approfonditamente. Rispetto ai suoi padri nobili, il prog contemporaneo ha un po’ smarrito la dimensione

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Freeway Jam: ‘Piccoli Mondi’ (FreeMood)

Quando pensiamo al progressive, spesso torna alla mente un’idea di continuum spazio-temporale, un flusso nel quale le consuete scansioni cronologiche vanno a farsi benedire, un regno in cui dominano incontrastati i dischi, a prescindere dalle date di uscita. Accade così che un’ottima band si faccia ascoltare con un frizzante album

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Taylor’s Universe: ‘Worn Out’ (Marvel Of Beauty)

Che cosa rende così peculiare, distintiva, unica, la discografia di Robin Taylor? La continuità concettuale. La stessa omogeneità di fondo, la stessa provenienza da un’origine comune che alimentava l’opus zappiano, rivive nella poliedrica opera del chitarrista danese, che arriva alla trentesima uscita. Con alcuni distinguo: i dischi a nome Robin

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Gadi Caplan: ‘Look Back Step forward’ (Caplan)

Nato in Israele e trapiantato a New York, Gadi Caplan è cresciuto studiando pianoforte, si è innamorato della chitarra rock e blues, ha studiato il sitar e la musica indiana, poi jazz e fusion a Berklee mentre ascoltava Pink Floyd e Frank Zappa. Un emblema di eclettismo, come testimonia il

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