Benedetti siano – in questa calda estate di Scipioni, Caronti e Luciferi – gli Autumn Chorus. Già il nome fa molto, il villaggio tipicamente inglese in copertina aumenta il desiderio di fuga verso lidi temperati e ventosi, ma soprattutto l'intero album è una vera e propria sinfonia britannica, leggiadra e ariosa. Strano che una band del genere si sia accasata in AltrOck: lontani da tentazioni RIO e avant-prog, gli Autumn Chorus si riallacciano a quelle atmosfere che da Britten, Delius, Vaughan Williams e Holst sono giunte all'ascoltatore rock tramite King Crimson, Genesis, Enid e Renaissance.

“The village to the vale” è un disco per il quale si può sfoderare un aggettivo caro alla critica che ha sdoganato il post-rock: cinematografico. O meglio ancora: pittorico. Il quartetto di Brighton è consapevole della tavolozza a disposizione e sfrutta un parco strumenti intrigante, utilizzando glockenspiel, pianoforte, archi e tromba con un efficace gusto descrittivo. I sette brani del disco – inizialmente disponibile in digitale, ora uscito ufficialmente con la divisione Fading – hanno un forte debito nei confronti delle cascate di suoni alla Sigur Ros: “Three jumps the devil”, l'articolata “Thief” e l'esperimento prog-folk di “Brightening Sky” (probabilmente il brano più rappresentativo) si muovono lente e inesorabili, talvolta aspre e minacciose ma con una soffusa e impenetrabile dolcezza che non dispiacerebbe ai fan dei Fleet Foxes. I riferimenti colti si evincono dalle atmosfere brumose di “You'll wait forever”, “Bye bye now” e “Never worry”, valorizzate da suggestive scelte melodiche; “Rosa” prova la lunga durata ed evita prolissità estreme inglobando le diverse anime della compagine.

Un lavoro ben confezionato, consigliato anche se nulla di nuovo aggiunge alla storia del prog inglese. In tempi afosi come questi, così carichi di antiestetica volgarità estiva, un album del genere è una boccata d'aria e di bellezza.

http://autumnchorus.bandcamp.com

D.Z.