Siamo ciò di cui ci nutriamo.
Siamo la musica che ascoltiamo, i libri che leggiamo, i vestiti che indossiamo. Le parole che meditiamo, le vie che le incarnano in azioni. Siamo anche i luoghi che abitiamo. Con quale cura seminiamo, con quanta quiete raccogliamo.
Oggi ho trascorso una giornata magica nei luoghi di Massimo Zamboni. Ancora una volta per comprendere nel profondo un artista – per sondarne i pianeti interiori, per avvistarne le costellazioni antiche – è doveroso varcare il suo perimetro. Vedere come muove le mani, come cammina in casa, come osserva un albero piantato o sistema la legna nel deposito.
Un’intervista durata un giorno – ancora non conclusa. Una conversazione su musica, scrittura, cultura, patrie e campagna arricchita dal pasto comune, dalla condivisione famigliare, dalla passeggiata tra querce, carpini, leprotti rilassati e caprioli saltellanti. In un largo e alto cerchio verde dell’Emilia attraversata dunque fertile, il creativo sa nascere dal silenzio.
ph. Caterina Zamboni Russia