Il volto di Garth Hudson.

In piena era hippie – chiome lunghe | zampe di elefante | sandali e utopie – comparve questo tizio con la fronte spaziosa e l’attaccatura alta, il barbone da profeta, il sorrisino sognante da orso yoghi, il completo demodè old Dixie con fiocchetto e stivalino. E poi l’attacco di Chest Fever, gloria nell’alto dei cieli a stelle e strisce. Il fascino della Band era anche nell’immaginario, l’America seppiata a suon di Funky Country, motore acceso e saluto alle Muse.

Ho scovato una foto di John Scheele – e chi se non lui, dai Basement Tapes al Walt Whitman dei tasti d’avorio. Garth ottantenne e la sua fisarmonica, un abbraccio, le dita diventano suono, il respiro a mantice di When I Paint My Masterpiece. D’altronde sul retro di Cahoots Richard Avedon fotografò la Band a occhi chiusi.

Non serve averli aperti per vedere. Basta fare buio dentro sè: come diceva John Peters, la porta del cambiamento si apre dall’interno.