Il post di ieri su Franco Mussida a Piombino nel 2019 ha smosso sensazioni, individuali e collettive.

Dopo la conversazione intensa, impervia e per questo maieutica, Franco aveva bisogno di abbracci. Condivisione di emozioni. L’emozione-fiamma del presente, non quella della nostalgia subito arginata.
Sentivo la sua urgenza, mentre l’assessore parlava e io attendevo la fine del discorso Franco mi sollevò letteralmente dallo scalino dove ero accovacciato. Rimbombi antichi trovavano nuovi canali d’uscita.
Finito tutto, chiuso il ciclo carnale e celeste degli abbracci, finalmente si diede: l’immersione nel suo pubblico. Pino Bertelli felino colse la chioma bianca e il circolo di benessere.

In quei giorni presi una decisione che avrebbe cambiato la mia vita.
Ricordo i boati di una frase di Archie Shepp che mi aveva destato.
E la benedizione di Chandra Livia Candiani:
L’universo non ha un centro,
ma per abbracciarsi si fa cosí:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente,
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l’altro.