La prima tastiera di cui mi innamorai non era quella dei virtuosi col mantello degli anni ’70.

Ricordo ancora il primo ascolto, in tenera età, dell’assolo di George Martin in In my Life. Beatles barocchi con il piano accelerato per emulare un clavicembalo secentesco. Era impossibile che non mi si spalancassero le porte di nuovi immaginari.

Poi fu la volta di Ray Manzarek e Riders On The Storm, Fender Rhodes scintillante di tempesta nel cielo.
E poi il groove materico di Booker T. in Green Onions, bassi da boato sottoterra.

Ognuno arriva a modo suo ad esplorare la magia delle tastiere. Gabriele Marangoni ha fatto vari giri tra progressive e metal, finalmente si è fermato e ha scritto Rock Keyboard (R)Evolution. Un lungo percorso tra i tasti d’avorio, dalle fiamme di Jerry Lee Lewis al ghiaccio di Gleb Kolyadin.

Ho avuto l’onore di scrivere la prefazione. Col ruggito di Jon Lord ancora nelle orecchie.