Durante questa lunga, larga e assolata attesa di equinozio chiamata estate ho letto molto. Più del solito. Quel “molto” non significa quantità bensì curiosità, diletto, soddisfazione. I motori di ogni lettura autentica. Anche in passato ho letto molto. Ma quel molto era dovere, voracità, non sazietà. Il contrario del primum vivere dei filosofi.

Qualche settimana fa ho trovato questo piccolo Adelphi alla Libreria Coop di Piombino. L’ho letto anzi spremuto succhiato con gusto nel giro di un pomeriggio afoso, complice la sua brevità. Uscì proprio nel giorno della morte di Leonardo Sciascia: 20 novembre 1989.
Ciò che mi affascina della sua scrittura – accade lo stesso con Georges Simenon – è la linearità. Non è una retta che conduce dal punto a al punto b nel minor tempo possibile, è sinonimo di semplicità: l’esito risolutivo di una complessità. Non è facilità. Come chiese Stefano Benni: perchè mai un libro dovrebbe essere facile? Non è un talk show, è un ritratto del mondo – complesso, impegnativo, illusorio.

Come recita il titolo, questa è una storia semplice, ma dipanando rapidamente la matassa thriller svela la densità cara all’autore. Ammiro il suo scrivere perché è come il viaggio, o come la vita: impone il ritorno.