Zhuangzi raccontava storielle.
Quella di ciò che sanno i pesci è una delle più note, ma in tante altre sue parabole, espresse con la semplicità orientale che cela e rivela abissi di conoscenza, si percepisce sempre la correlazione tra opposti. Aggrapparsi al cielo e non sapere nulla della terra vuol dire rifiutare entrambi; la conoscenza dell’uno equivale a conoscenza dell’altro, soleva dire nelle sue passeggiate tra bambù e fiori 2500 anni fa circa.

Ci sono canneti e petali anche all’ultima spiaggia delle Cesine. Di lì tornavamo con i Blackfield in sottofondo, popparoli e vaporosi, da strada dritta senza ingombri e senza nuvole. L’imprevista batteria alla Bonham – cadenza possente da mammut – e il lieve spostamento di accenti mi hanno depistato: siamo finiti al borgo nobile di Acaya poi a Strudà, nome ritmico da paradiddle, tutto un programma onomatopeico. Dinanzi alla Corte del Fabbro c’è una fontanella: ci si può lavare indisturbati.
Il giorno dopo ferro e fuoco con Gary Moore. Sfrecciare verso la Blue Collar Beach di  richiede gomme salde sull’asfalto, tenuta di strada elettrica, blues sprigionato con furia imperiale.
Alle esplosioni del bombardiere di Belfast non ci si abitua mai, confessò Zhuangzi al più recalcitrante dei suoi discepoli.