Home Taping Days Revisited.
Quando passo a monitorare i miei vecchi mi diverto ad esplorare antichi luoghi e riprendere tra le mani oggetti della preistoria. Ad esempio le cassette.
C’era un tempo – profondi anni ’80 pronti a scavallare nel decennio successivo, paradisi elettrici e giri nella notte – in cui avevo un’attività soddisfacente di compilatore e spacciatore di nastri. La miglior alternativa allo studio e alle beghe borghesi di provincia.
Mi spassava tantissimo fare accostamenti bislacchi tra lato A e lato B ma la cosa più esaltante era passare le serate a scrivere sulle Sony e le Tdk: colori, caratteri, loghi immaginari, voli pindarici dal Doom al post-punk. Non rimpiango quel periodo perché per certi – tanti – versi ero un minchione, ma mi manca la tangibilità artigianale della musica.
Adoravo ascoltarla con tutto me stesso, facendomi possedere da queste piccole creazioni: col tatto delle dita sporche di inchiostro, l’olfatto della carta dei dischi da annusare, la vista eccitata dalle combinazioni di tinte e lettering. Poi si leccava quello che si doveva leccare e via di volumi contra legem.
The End of Silence.