Buon vecchio Federico Fasce. A vedere la foto interna del suo nuovo disco si direbbe che nulla è cambiato in lui e nella sua musica: un placido e concentrato bassista di fronte ad appunti e a un pc, fedele interlocutore in una progettualità musicale che ha sempre avuto il suo trait d’union nell’incontro tra elettronica e ricerca rock. Ma qualcosa stavolta è cambiato.

Il titolo “Storm Power” allude a qualcosa di potente e tempestoso, il fuoco della copertina e del disegno sul dischetto a qualcosa di fremente e vitale, tanto che anche il sound ne risente. Un Fasce rockettaro e scottante? Non proprio, ma per la prima volta la chitarra elettrica trova una sua corposa centralità: “Driving in the rain”, la title-track e “Traffic” sono i pezzi più interessanti di un album electro-rock che meriterebbe una vera band per essere apprezzato in pieno. Non è un caso che nei momenti più raccolti – es. “Antonella” – le cose funzionino meglio. Perchè il problema di Fasce è proprio qui: la dimensione solitaria può essere un felice spazio creativo ma non è il luogo ideale per evolversi; peccato che il principale elemento della musica di Fasce sia anche la sua condanna, croce e delizia. In un periodo di grossi cambiamenti per la musica – sia nella produzione che nella fruizione – un cd assemblato in proprio come si faceva a metà anni ’80, con una solitudine esecutiva che condiziona moltissimo la resa finale, non è particolarmente brillante.

Federico Fasce è un onesto, appassionato e volenteroso “artigiano” della musica, razza in via di estinzione: non è detto però che artigianato e modernità, tradizione e sviluppo, debbano essere inesorabilmente distanti.

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D.Z.