Nel 1996, nel pieno della seconda ondata new progressive e del credito internazionale che i Finisterre stanno guadagnando, Fabio Zuffanti fonda Hostsonaten. Tante cose andranno e verranno, progetti paralleli, nuovi gruppi e prove soliste ma Hostsonaten sarà l'esperienza più duratura, con uno sviluppo costante e un'unitarietà tematica più unica che rara nel panorama rock europeo. Nel 2011 Hostsonaten ha concluso il “Season cycle”, il ciclo dedicato alle stagioni composto da quattro album. Un lavoro poderoso che ha impegnato Zuffanti dal 2002, al quale segue una nuova opera, legata al passato e contestualmente proiettata verso l'avvenire: “The rime of the ancient mariner”.

I primi album (l'omonimo del 1996 e “Mirrorgames” del 1998) presentavano due parti del poema di Samuel Taylor Coleridge (1772-1834): due episodi che Zuffanti ha lasciato volutamente in sospeso e che ha ripreso anni dopo, con l'intenzione di realizzarne una versione compiuta e definitiva. “La ballata del vecchio marinaio”, pubblicata nel 1798 nelle “Lyrical Ballads”, la raccolta di poesie dello stesso Coleridge e Worsworth, è familiare a molti musicisti: pensiamo al contributo metallico degli Iron Maiden in “Powerslave” (1984) e all'exploit di Capossela con “S.S. dei naufragati” in “Ovunque proteggi” (2006). Quello che differenzia Zuffanti è l'approccio “sistematico”, non occasionale: la ballata coleridgeiana diventa il vero e proprio “pretesto” di un lavoro che non è opera rock o semplice concept ma – per usare un termine caro a Judge Smith – “songstory”, un film sonoro dalla vivida attitudine descrittiva che interpreta con gusto ed efficacia il testo inglese, affidandolo a quattro voci diverse per ruolo ed espressività (Alessandro Corvaglia, Davide Merletto, Marco Dogliotti e Simona Angioloni).

Se romantico fu il poetare di Coleridge, romantico è il rock di Hostsonaten, che mai come in questo episodio preleva tutti gli strumenti di quel magico connubio tra rock e musica colta che fu il progressive. Stavolta Zuffanti e i suoi allargano il raggio d'azione – evidentemente motivati dalle vicende del “plot” marinaresco – lavorando su moduli rock più marcati, addirittura hard (vedi alcuni passaggi del prologo, l'intensità della seconda parte e i riffoni secchi della terza). Si fa notare il talento di Luca Scherani e Matteo Nahum, abili, puntuali, mai invasivi eppure assai presenti; a differenza delle atmosfere “brumose” dei precedenti album, in questo la band lavora su toni più accesi, senza accantonare la peculiarità di un progressive-folk duttile e meditativo, come nell'ultima parte.

Un nuovo entusiasmante capitolo per Hostsonaten: attendiamo con curiosità l'epilogo della ballata, già da ora candidata a un ruolo importante nella storia del progressivo italiano.

http://www.zuffantiprojects.com

D.Z.