Chi vi credete che noi siam. Quando guardi una tribute band o un gruppo che si ispira anche pesantemente al prog, all’hard, al brit e così via, la finzione regna sovrana. Quando invece scopri un complesso – è bene chiamarlo così, entriamo nel ruolo – che si rifà all’estetica beat, ti scappa il sorriso, diventi indulgente, ti fai prendere dallo sculettìo e muovi il caschetto. Credo che il segreto sia l’ingenuità. Quella dei protagonisti del beat italiano, con quella fastidiosissima voglia di accettazione da parte di borghesi e matusa, altro che alterità generazionale. Gli Avvoltoi sono proprio così: un quintetto post-beat talmente “in stile” da far pensare che li abbiano ibernati nel 68. Amagama (Go Down) si pronuncia proprio così, che se nel gergo di Cambridge significava farsi una bella saporita scopata, per la band equivale invece a camera d’eco, wah-wah, tavolette acide nel tè, Lewis Carroll e i Rokes. Disco delizioso, ci sono anche Dome La Muerte, i Kinks nomadizzati e due pezzi che, guarda un po’, si chiamano Federica e Isabel. Proprio come i due nomi di mia figlia.
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Nostalgia canaglia. Gli anni ’60 per gli Avvoltoi, gli anni ’80 per i Plankton Dada Wave. Che anche ad ascoltarli con disattenzione non sembra siano schiavi della Sehnsucht new wave, ma poi a spulciare bene tra le frattaglie del loro rock tutto flash e frenesia scopri un po’ di cose. Scopri Talking Heads e Devo, scopri le sigle dei cartoni animati tra ironia e sogni erotici d’infanzia. Haus Of Dada (Ghost Records) è bello folleggiante, figlio degenere di un trio elettrico come i bimbi vivaci che rompono le palle quando non stanno fermi un attimo smaniosi nei loro perchè perchè perchè. E proprio questo è il segreto dei tre, che cantano in più lingue e ti stanno addosso fino allo spasimo. O fino a quando non diventi planktonomane.
www.ghostrecords.bandcamp.com/album/haus-of-dada

Di cosa hanno nostalgia i Camera Chiara? In primo luogo di Roland Barthes (d’altronde anche la copertina con una macchina fotografica vintage la dice lunga). In secondo luogo di posti dove non sono mai stati: nostalgia di un eden musicale in cui non servono le parole e basta una tavolozza strumentale per ammaliare l’ascoltatore in una nuvola elettrica di colori. Camera Chiara (Low Fly), debutto del quartetto salernitano, punta proprio a costringere nelle proprie spire, a intrappolare nella propria ragnatela, investendo su un interplay rock ben sedimentato e su un’idea di prog-rock moderno, che pesca da King Crimson, Mars Volta e anche da certe tentazioni math/post. Brillanti e tentacolari. Fernweh.
camerachiara.bandcamp.com