Era il 2006, con curiosità e piacere scoprivo, ascoltavo e riascoltavo il disco d’esordio dei Natural Mystic. Nome di derivazione reggae ma Marley, Tosh e colleghi non sono presenti nelle sonorità della band: la naturale spiritualità alla quale fanno riferimento i NM è quella del miglior rock anni ’60/’70. “Mother Nature, The Trees And The Magic Of Seasons” era un felice debutto dedicato alle quattro stagioni e alla ciclicità: formula vincente non si cambia, a otto anni di distanza la formazione lombarda torna rinnovata ma con alcuni punti fermi.

L’ampio organico – nove elementi tra rock band e strumenti acustici – e l’inclinazione a muoversi su brani lunghi e dinamici restano la principale peculiarità del progetto: dopo quasi un decennio di assenza non ci sono sostanziali scossoni nel sound e nello spirito, come se questo secondo album fosse un’appendice del predecessore, con una direzione rock molto più marcata. “The End” rilegge l’esperienza progressive senza dimenticare gli addentellati folk, acid, world music, soul, funk e jazz-rock: la lunga durata dei quattro pezzi consente excursus imprevedibili e la band ha un bell’affiatamento, che le consente di restare credibile nei taglienti scatti crimsoniani nell’episodio art-rock di “El Pecador” come negli slanci più melodici con il pathos tipico del nuovo rock americano anni ’90.

Abili nel coniugare scossoni elettrici (il tipico riffone prog che presenta “Town of my heart”) e ballate corali (“My garden”), i NM lavorano molto sulla componente ritmica: in “The scream inside my mind” il terremoto percussivo d’apertura lascia spazio a una sequenza a tinte accese e riff heavy. Peccato che il lavoro sia uscito solo in formato digitale: un rock che si nutre di antiche pulsioni e di una “spiritualità terrena” che sa di fragranza e stupore, non può convivere con la immaterialità contemporanea. In attesa che veda la luce su un bel vinile, godetevelo liquido, con lo stesso trascinante fluire con cui è nato.

www.naturalmystic.org

D.Z.