L’alba dentro l’imbrunire.
Domenica grigiastra, scartabello tra libri alla rinfusa da rimettere in ordine. Ripristinare la sequenza di titoli editori materie colori dimensioni conferisce alla biblioteca un unico respiro. Torna in mente Tacito, il corpo dello Stato che è uno solo, una è la mente che deve reggerlo; così l’organismo delicato della libreria, multiverso di contrappesi.
Ho trovato un vecchio regalo, disperso tra gli altri della stessa collana rosso veneziano – il colore dei pantaloni di Topolino: alto e basso si incontrano sempre. Risale al 24 dicembre di oltre vent’anni e altrettante vite orsono. Fortuna che l’antico demone mi spinge a segnare sul frontespizio di ogni libro che si aggira nella mia orbita data di acquisto o di dono, occasione dell’arrivo, con un breve commento in calce soprattutto quando la lettura è un big bang di illuminazioni.
Il donante teneva al senso iniziatico della ricorrenza, dal grembo oscuro alla natività accecante. Credo di aver ricambiato con un saggio su Charlie Parker, che amava con la pancia ma che non aveva mai approfondito con la testa. Natale seppiato di reciproche epifanie. Egli nel tempo mi aveva regalato altri testi gnostici – Pistis Sophia, il Canto della perla etc – che non trovo più: capita con le fotocopie, volano via perché non hanno impresso il piombo della scintilla originaria. Imprimatur di carattere.
Questo Fabbri curato dal Moraldi è rimasto, e dire che era uno di quei volumetti da edicola a pochi spiccioli, ma intriso di amicizia e condivisione di sapere. L’ho aperto e la messe di sottolineature, commenti e note a margine mi ha travolto. All’epoca appuntavo ovunque.
Quella black page perenne contrasta ancora con la sintesi di spazi, abissi e vette racchiusa nei Vangeli Gnostici. Mi ha sempre affascinato l’assenza del raccontino domenicale, qui il lettore precipita in una voragine di meditazioni finissime. E i detti, nella impegnativa e misteriosa sistematicità del frammento, stupiscono e turbano.