Stamattina ho trovato un borsellino grazie al quale ho risolto l’annoso problema degli spiccioli in tasca. Anche perché a volte quando le monete sono tante mi sento tipo maniaco che si aggira con gonfiori sospetti. L’ho trovato a pochi metri dal mio ristorantino napoletano preferito. Al mattino quando passo c’è sempre il papà della titolare seduto fuori, col suo adorabile mantesino, amorevolmente concentrato nei gesti magici del capare i broccoli o sbucciare le fave.

Al ritorno mi sono fermato per regalarmi lenticchie e scarola più alici fritte e cicoria. Il posticino contiene otto tavoli per un totale di trentadue posti ma il tavolo più vicino alla cucina è solitamente occupato dalla mamma della chef che amministra le comande con autorevolezza verace. Quindi sono sette tavoli per ventotto posti in un paio di metri quadri. In pratica si mangia uno addosso all’altro.

Al tavolo di fronte, a ventidue centimetri da me, c’era un vecchietto che sospirava con la sua tracchiulella. Aveva una faccia familiare: capelli bianchi lunghi, baffone anch’esso bianco, occhi luccicanti. Mi pareva di averlo già visto. Tornato a casa ho trovato il pacchetto col libro che desideravo tanto. Tutto torna: stasera non ci sono per nessuno.