Un parco giochi.
Una biblioteca borgesiana moltiplicata enne volte.
L’albero della cuccagna o il paese dei balocchi.
Un ronzio incessante antimantrico.
Una fiera cicciona di pagine inchiostri colori dalla quale si esce a fatica perché leggere è dipendenza sana, santa, benedetta, dissetante, nutriente, orgasmica.

Esserci è stato gratificante, come autore e come lettore. Come umano immerso nella relazionalità. Grazie di cuore a Pacini Editore, che ha festeggiato i suoi 150 anni nel modo migliore: con presenza, cura e professionalità. Ad maiora.

In questi casi bisognerebbe fare la radiocronaca dei ringraziamenti con una selva di foto. Verrà anche questo. Per ora mi piace ricordare, in ordine dolcemente sparso e impulsivo, Marcello e Manuela perché sei corde legano per sempre; Alberto che ho visto di sfuggita ma finalmente ho dato tridimensionalità a una penna che apprezzo; Andrea che mi ha riconosciuto sceso dal treno come se fossi il più divo dei vip; Agnese stupefatta dall’altezza; Valerio perché è Valerio anche senza il logo Rai alle spalle; Luciano perché mi ha rapito dandomi dritte sull’Afrobeat di cui farò tesoro; Fabrizio perché quella domanda lì era ficcata proprio al punto giusto; Patrizia per l’invito alla merenda battistiana nel verde torinese; Giorgia perché ha letto il mio libro sul prog rivelando pazienza biblica; Claudio perché il fuoco di chi fa radio è una benedizione celeste; Raffaele che mi ha fatto da nocchiero instancabile con la sua mappa di malacque e scatole parlanti; Gianni perché la dedica mancina con l’anello è poesia vita carne parola schiaffo e carezza.

Temo di aver dimenticato tante e tanti in questo pomeriggione di cuori selvaggi.
Celebro la giornata all’insegna del dress code con tre campani – anzi due campani e mezzo – in blu.