La professoressa di filosofia al liceo era anomala. Con lei non si studiava storia della filosofia in modo lineare ma qualcosa di avvicinabile alla logica itinerante: ci spronava a pensare partendo dall’ascolto in classe, che era l’autentico momento di meditazione e assorbimento.
Se si era ben sintonizzati al mattino – cosa che a me non accadeva perchè pensavo ancora al disco della sera prima – si poteva evitare lo studio a casa – ovviamente dopo essersi dedicati con serietà al disco del pomeriggio.
Costei perse il 98% della sua credibilità (il 2 lo salvò in extremis grazie a una breve ma ineccepibile lezione su Bergson agli sgoccioli del quinquennio) quando ci rivelò che avrebbe votato uno dei più indecenti uomini politici dell’ultimo mezzo secolo. Credo si trattasse delle Europee del 1994. Ci diede persino la motivazione della scelta: “perchè parla bene”. Una docente di bocca buona, come qualche mio compagno che la seguì nel voto.
Non ricordo invece se parlò di Epitteto. Negli studi paralleli che in solitaria e in notturna ho fatto negli anni, provando anche a cancellare a mo’ di rivendicazione politica quanto spiegato dalla prof nostalgica, Epitteto è diventato uno dei più simpatici. Non credo avrebbe votato e fatto votare soggetti degni di fogna, e illustrò perfettamente un precetto che riporto nella traduzione di Enrico V. Maltese:
Non inorgoglirti per un merito che non ti appartiene. Se fosse il cavallo a vantarsi: «sono bello», si potrebbe anche accettarlo; ma quando tu orgogliosamente dici: «ho un bel cavallo», sappi che ti stai vantando di un pregio del cavallo.
Cos’è davvero tuo, dunque? Il tuo comportamento di fronte alle rappresentazioni.
Perciò, quando ti regoli secondo natura nell’uso delle rappresentazioni, allora potrai essere fiero: perché in quel momento lo sarai per un bene che è tuo.