Disclaimer pippaiolo per chi non mi conosce: sono l’individuo meno festaiolo del mondo. L’unica cosa che potrei festeggiare è una reunion dei Led Zeppelin – con resurrezione di sua maestà John Bonham, of course – e annesso concerto davanti casa mia. Per il resto, vade retro compleanni comunioni onomastici addii al celibato battesimi anniversari celebrazioni santi madonne e primi maggi. Idem per il 25 aprile. Guarda te la memoria che scherzi ti combina e cosa va a tirare fuori: qualche anno fa, in una delle sue luminose materializzazioni dai tre veli del negativo dell’Ain Soph Aur, Walter Veltroni disse che il 25 aprile deve essere “la religione civile degli italiani”. Ricordo ancora il rigurgito di emozioni che mi crebbe dentro, grosso modo in zona rettale. Religione? Vade retro ancora di più…

Però io un motivo per festeggiare il 25 aprile, zitto zitto, io ce l’ho. Si chiama Aldo Ravera. Mio nonno. Nonno materno, scomparso a metà degli anni ’60, l’unico dei miei quattro nonni che non ho mai conosciuto. Se non in foto, con uno strano deja-vu: molti mi dicono che gli assomiglio. Stamattina, prima della consueta corsetta mattutina, ho riguardato delle vecchie fotografie – quelle con il bordino frastagliato che ti commuovi solo a toccarle – che lo ritraggono: non so perchè, ma è come se avessi fatto un profondo viaggio in ricordi che mi appartengono, come se avessi vissuto anche io quello scorcio di Italia che rinasceva dalle macerie materiali e spirituali della guerra, che in foto aveva sorrisi mai più visti. Guardando un paio di scatti del nonno con mia mamma, la mia povera nonna Germana e altri visi che non conosco ma che sento miei, mi sono chiesto perchè si era più felici negli anni ’50. Basta prendere a caso una foto festante su qualsiasi profilo minchione di Facebook e confrontarla con i sorrisi di quell’epoca: tra le rughe e qualche dente che mancava c’erano una vitalità, una purezza, un’autenticità e un’energia travolgenti.

Oltre alle foto ho ritrovato un blocchetto di appunti che avevo scritto in data 19 settembre 2009 a Napoli. Un’ideale prefazione per un libro su mio nonno che da tempo desidero scrivere. Motivo? Riscoprire la sua figura, esigenza che in un giorno di memoria come questo diventa ancora più imperativa. Nonno Aldo è stato partigiano. Ho sempre desiderato dire e scrivere tante cose su di lui ma so davvero poco. Quello che so, raccontato da mia nonna quando ero bambino e ricordato piuttosto male da mia mamma, passa attraverso poche e pesanti parole chiave: montagna, resistenza, tedeschi, tortura, liberazione. Il resto lo racconterò io, perchè è una di quelle ricerche che vanno intraprese. Qualche spunto operativo, grazie al prezioso amico Angelo Arata (docente, storico e romanziere della “mia” Acqui Terme per il quale nutro enorme stima), ho cominciato a raccoglierlo. Questo è il mio 25 aprile. Il ricordo di una persona a me cara che ha combattuto, ha vissuto la tortura, ha rischiato la vita, anche per un nipote che non avrebbe mai conosciuto.

Mio nonno era socialista. Da quel poco che so me lo immagino fiero e rigoroso. Chissà cosa avrebbe pensato del carnevale craxiano. Tante volte mi sono sentito in difficoltà nei suoi confronti, bestiaccia anarcoide che non sono altro, io che a Luciano Lama avrei di sicuro preferito il Dalai Lama, e che alla rossa glorificazione di Mao ho sempre preferito le bislacche sorprese del Tao. Ogni 25 aprile nutro il mio piccolo orgoglio personale pensando alla sua storia e con un pizzico di rimpianto mi chiedo cosa sarebbe successo se lo avessi conosciuto. Una cosa non sarebbe cambiata: lo avrei tenuto egualmente nel mio piccolo olimpo di “spiritual advisors” insieme ai grandi che ogni giorno mi suggeriscono direzioni, mi evocano riflessioni, mi spingono al miglioramento. Perchè mio nonno rappresenta la forza, la libertà e una radice che da qualche anno sto coltivando con dedizione.

Nella foto seguente mio nonno Aldo è quello a sinistra. Immediato dopoguerra, doppiopetto ancora largo, passo sicuro, sorriso lieto. Come sempre una splendida Acqui Terme, quella della mia amatissima Piazza Bollente. Della nostra amatissima Piazza Bollente, caro nonno.