Ho scoperto di vivere con un geco.
Me lo sono ritrovato in bagno, sullo stipite della porta, era appiccicato con la beata strafottenza di chi non risponde alle leggi della gravità.
Era persino bello, un colore vagamente perlaceo, direi un quarzo rosa pallido.
Ci siamo guardati: lui con impassibile e distaccato timore reverenziale; io già preoccupato di scoprirmelo nel letto, tra i libri, in armadio, sul piatto del giradischi, intorno alla tazza di caffè.
Memore delle leggende che vogliono i gechi portatori di liete notizie, alla fine l’ho lasciato in casa. Non so più dov’è, ma di sicuro è l’artefice di un po’ di buone nuove che stanno arrivando. Una di queste è il ricongiungimento con i libri dell’amato, amatissimo Simenon.
Ho ritrovato un Mondadori antologico annata 1988, solo soletto nell’alveare degli Adelphi. Contiene quattro capolavori – ma che cos’è ‘Il Porto delle Nebbie‘, mi emoziona già il nominarlo – e la prefazione di un altro scrittore a me tanto caro: Renato Olivieri.
Quando pensiamo a Jules Maigret è inevitabile visualizzare Gino Cervi. Una figura tutta presenza, fisicità, sostanza. Come Jean Gabin d’altronde, al quale però non penso mai. Il geco sì.