Paul Bowles osservava il mondo al Grand Café Central.
Tennessee Williams beveva il tè alla menta al Grand Café de Paris. Piaceva molto anche a Ian Fleming.
Jack Kerouac alloggiava all’Hotel Continental quando gli andava bene, altrimenti aveva la camera n. 5 a El-Muniria.
Lì la 4 era di Allen Ginsberg, la 9 di William Burroughs.
Chissà se sono mai stati alla Pension Gibraltar.
Si trova ancora oggi al 62 di Rue de la Liberté, un angolo neanche tanto occulto di Tangeri, ventilato dall’alito tiepido dell’Atlantico vagamente riscaldato dal Mediterraneo.
È una pensioncina ai limiti del pulcioso ma proprio questo è il suo segreto: non fa nulla per accalappiare i turisti, non offre repliche esotiche del confort europeo. Ci si dorme, ci si scrolla di dosso un po’ di polvere della porta dell’Africa, ci si gode la familiarità linguistica locale, un mix babelico di francese, spagnolo, berbero e italiano.
Può essere il posto ideale per rifugiarsi una tantum dal vociare marocchino, che comunque è meno irritante di quello nostrano che dice tutto, sa tutto e pretende di avere ragione su tutto – sanremo referendum scudetto femminicidio maschicidio genocidio stillicidio.
Nell’atrio c’è un gatto: garanzia di silenzi e misteri.
ph. Rò Aragiust