Artwork mistico-psichedelico e provenienza geografica la dicono lunga. I norvegesi D’Accord attingono a piene mani dal mondo sotterraneo del primo prog britannico, da Gnidrolog e Cressida, da Gracious e Spring, confezionando un terzo disco deciso e sentito. Chi li segue da un po’ di tempo ha ben chiara la situazione: nessuna titubanza nel rifarsi ad un sound passatista, anzi proprio questa serenità nell’approccio – senza complessi di inferiorità o manie di persecuzione – consente ai D’Accord di lavorare indisturbati al loro onesto e per nulla disincantato prog-rock d’annata.

Sound settantiano a tutto spiano, una sequenza di pezzi rispondenti al canone ma architettati con gusto e abilità, senza particolari eccessi: “These Last Todays”, la mini-suite in due parti “Mon-Sat” e “Here Lies Greed” richiamano la migliore epica Genesis/Jethro Tull, alternando sapientemente umori e colori, tra il sanguigno e il bucolico. Il primo pezzo in particolare, nel tenere alto un buon livello di tensione, rinvia al clima caro al Generatore, mentre episodi come “Mr. Moonlight” sfoggiano riff da intramontabile hard rock anni ’70.

Rispetto ai precedenti album non ci sono sostanziali modifiche, ma i ragazzi stavolta hanno maggiore convinzione, anche nell’usare dei moduli assai riconoscibili, dallo sbuffo di flauto andersoniano alle scorribande in stile Focus. Convincente il canto del flautista Daniel Maage, solitamente il tallone d’achille per chi pratica orgoglioso rock sinfonico d’antan, valida prova anche per i suoi colleghi, ad es. il chitarrista Stig Are S(o)und, che in un pezzo più canonico come “Lady Fabolous” sfodera un assolo impeccabile per feeling ed efficacia. Piacevoli per chi cammina senza stanchezza sui percorsi del prog analogico.

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D.Z.