Sempre affascinante il panorama del progressive scandinavo. Tra alti e bassi, cali di ispirazione e blitz fantasiosi, il rock d’arte del Nord Europa offre costantemente delle belle operazioni da parte di vecchie e nuove glorie. I finlandesi Paidarion sono legati a doppio filo agli ottimi Mist Season: il batterista Kimmo Porsti suona in entrambe le band e l’elemento della fusion suadente e levigata accomuna i progetti. La differenza è però nell’orizzonte sonoro: i Paidarion incorporano anche il progressive-folk caro a Iona, Karnataka e Mostly Autumn, marcando sulla fusion alla Metheny con colori tipicamente world.

Per il secondo album i Paidarion cercano un diversivo che possa evitare stereotipi e prolissità: il live. “Behind the curtains” è concepito e organizzato in funzionalità al concerto e anche il concept – l’idea dello spettacolo e del palcoscenico come metafora della vita – ne risente. Navigando in forme lunghe e articolate ma stemperate grazie a una capacità comunicativa non usuale e alla predilezione per sonorità gentili, i Paidarion confezionano un bel lavoro di prog-rock jazzato, che ha in “A small wish” e “The final show” i migliori esempi.

Con l’entrata del chitarrista Jaan Jaanson e il bel protagonismo di Jan-Olof Strandberg al basso, i Paidarion si propongono come credibile risposta alla world-fusion dei Djabe, rispetto ai quali conservano una netta fisionomia prog. “Trapeze” e “A leap into the unknown” tirano fuori una vitalità impetuosa, Elina Hautakoski impreziosisce la leggiadra ma “sostanziosa” “A vertical rope”, l’episodio in cui tutti gli ingredienti sono abilmente dosati.

Tra jazz, folk song, funky, reminiscenze floydiane e art-rock, talvolta manca una fusione completa tra le diverse anime e la personalità della band emerge solo nelle notevoli doti tecniche. Ciononostante i Paidarion sono una formazione di spiccata raffinatezza, piacevolissima da ascoltare.

http://www.paidarion.com

D.Z.