È vero che la storia umana hegeliana è un immenso mattatoio, ma è altrettanto vero che è una sterminata distesa di sapere, con abissi e vette, fiumi carsici e oasi. Penso al valore simbolico, al ruolo aggregante e all’utilità sociale delle biblioteche.
Non entravo da tempo in una biblioteca, e non per motivi legati al covid. Ormai sono talmente abituato al senso del possesso del libro, alla facilità dell’acquisto, al desiderio di sfogliarlo per un tempo superiore a quello del prestito che avevo completamente smarrito un’antica abitudine.
Eppure sono cresciuto nella biblioteca T. Rossi del mio paese, nella quale ho preso di tutto, smodatamente: da Walter Scott a Stephen King, da Stendhal a Hemingway, fino all’approfondimento di Lovecraft, antico amore di gioventù. Durante i grigi anni 80 di provincia – altro che edonismo reaganiano e garofani rampanti – è stato uno dei luoghi della mia formazione, parallelo alla strada perduta dove girovagavo con tonnellate di elettricità nelle orecchie. In solitudine si apprende disperatamente.
Ieri ho cominciato alcune ricerche nella Biblioteca Bernardini di Lecce, città amata anche perché possiede piccole grandi enclave di cultura. Mi sono goduto anche un passaggio privilegiato in emeroteca: nel prossimo episodio foto di antiche testate postunitarie.
Sfogliavo l’enciclopedia della musica Einaudi: Novecento Storico da setacciare a caccia di nuovi input, dal rullo al cd.
[Grazie a Gabriele De Blasi per l’assistenza e la foto]