Ieri sera un ascoltatore mi ha chiesto come faccio a leggere tutti questi libri contemporaneamente. Non so dare una risposta se non, ex abrupto, che l’ho sempre fatto. Ma è una non risposta.
Scavando nel cascione delle memorie emerge un po’ di materia. Intanto all’avverbio contemporaneamente preferisco contestualmente: nel secondo c’è il contesto ma soprattutto il testo, il tempo si azzera e ci si proietta in uno spazio senza cronologie.
Ho sempre letto tanti libri tutti insieme, in modo sregolato – come se poi quel nutrimento dovesse per forza seguire regole – e disordinato. Ecco, un ordine foriero di linearità sarebbe preferibile, anche perché il saggio diceva che se insegui due conigli non acchiappi nessuno dei due. Tuttavia queste letture serrate, dai Beatles a Epitteto, dalla Costituzione al Bartezzaghi, diventano un unico smisurato serbatoio dove pescare a man bassa. Si superano i mind games lennoniani, si ringrazia l’esperienza di chi ha scritto, alla quale si attinge generosamente.
Alla mole di titoli aggiungo finalmente In una luce incerta. Erano più di dieci anni che non leggevo Angelo Arata ma nelle terre a nord, arricciati tra le brume monferrine, correre ha poco senso. Pensavo a quando ci conoscemmo nella nostra Acqui Terme, all’annusarsi tipo animali stanati, un’altra vita. Roba di capovolte del fato.
Angelo è uno scrittore denso, pensoso, che farcisce il giallo con erudizione storica senza stancare, con garbo. Per me leggerlo è anche una piccola vittoria, perché da bambino il mio parentado sgaientò non vedeva l’ora di calare tra le acque liguri di Albenga, Ceriale, Laigueglia, io invece adoravo così tanto i colori e i profumi di quel sonnacchioso entroterra, al quale la sua scrittura incatena dolcemente.
Nei risvolti non manca la cartina geografica di un tempo. Lettura nella lettura, a ritroso nei luoghi che erano. L’occhio cade su: impaginazione Cecilia Arata. Continuità filiale, dalla parola al segno, altro che luce incerta.